“Studia! Solo studiando potrai realizzarti! Mi raccomando evita facoltà come scienze della comunicazione o psicologia, altrimenti finirai a fare la commessa se ti va bene!”.
Ecco qui. In poche parole si racchiude il grande cinismo della nostra epoca.
Il cinismo di chi così ragiona; la presunzione di chi così consiglia; la rovina di chi queste parole ascolta e suo malgrado, interiorizza.
Parliamoci chiaro: in parte è proprio così: non è vero che seguendo le proprie passioni la strada sia spianata, tutt’altro.
Nell’epoca in cui viviamo esiste un nuovo Dio (o forse Despota?!), che non è certo quello Cristiano ma piuttosto quello nato dal progresso : la Tecnica.
A spiegare il concetto di Tecnica è Umberto Galimberti, filosofo contemporaneo e docente universitario che approccia la filosofia attraverso la psicologia, data la forte commistione tra queste due sfere di sapere e di ricerca : idee ed emozioni.
Siamo schiavi della Tecnica. La Tecnica può essere riassunta nel banale concetto di “ottenere il massimo risultato con il minimo sforzo”; un’estremizzazione, se vogliamo, del concetto di efficienza economica.
Chi vi scrive è una ragazza laureata in Economia, e specializzata in Banca e Finanza con il sogno, sin da quando era una bambina, di studiare tutt’altro.
Ma perché si arriva a snaturare così tanto la propria persona, le proprie qualità e la propria individualità unica? Tutti siamo unici!
Perché bisogna essere furbi, giocare in contropiede in questa realtà che non aspetta e che non ha alcuna pietas e che mette al centro di qualsiasi cosa il Denaro, altro volto mascherato (e non così tanto) della Tecnica.
Il Denaro è da sempre il mezzo per soddisfare i bisogni dell’uomo e diviene oggi il primario bisogno dell’uomo. Se in passato l’uomo lavorava per guadagnare denaro che, a sua volta, serviva per soddisfare i bisogni dell’uomo (bere e mangiare, sicurezza, appartenenza e così via come ci insegna Maslow), oggi l’uomo lavora per guadagnare denaro che lo soddisfa in sé per sé. Il fucro è l’aspetto quantitativo.
E quando l’unico motore delle nostre scelte diventa ciò che collettivamente è importante (fare carriera, trovare un lavoro e guadagnare) ci sono a mio avviso tre conseguenze umane. C’è chi è adatto a queste logiche asettiche e tristi; c’è chi invece, nella propria comoda quotidianità, accetta passivamente tutto questo; e poi ci sono gli “sfigati”, i Sensibili. Quelli cioè che hanno sviluppato mappe cognitive ma soprattutto emotive sufficienti per non riuscire ad arrivare in fondo ad un percorso troppo sbagliato per il proprio Sé. Ma, così giusto per la collettività, per la società e, purtroppo molto spesso, per i propri cari.
E’ questa scissione tra ciò che è “politically correct” e ciò che invece è “personally satisfactory” che crea un disagio profondo difficilmente superabile per molti, date le avverse condizioni oggettive del contesto odierno.
E quindi, torno alla prima frase dell’incipit : “Vuoi fare la Psicologa? Ma per carità, ti troverai disoccupata e senza un soldo”.
Io trovo che questa tipologia di frasi (mi rifiuto di definirle consigli) siano un abominio. Non nutro alcun dubbio sulle buone intenzioni di chi pronuncia queste parole (almeno nella maggior parte dei casi); ma rimane comunque un abominio.
Evitando dunque alcun intento giudicante o rancoroso, vorrei però soffermarmi sulla gravità che questa modalità di pensiero produce; non è la frase in sé per sé che risulta così catastrofica ma piuttosto il modus a cui si induce a pensare giovani ragazzi appena affacciati alla vita. Devo fare un sacrificio e uno sforzo solo per un fine ultimo che sia il denaro, un lavoro che mi permetta di guadagnare denaro indipendentemente dalla mia gratificazione più intima e personale.
Ma così facendo siamo sicuri di fare così tanto il bene dei ragazzi? Non credo affatto, anzi. Considerato il fatto che ovviamente è necessaria una buona dose di realismo, ma cosa significa escludere dall’orizzonte di ciò che è auspicabile tutta una serie di formazioni solo perché non conducono ad una certa e ben remunerata occupazione secondo le ricerche più attuali?
Se tutti pensassimo in questa direzione, solo al denaro, assisteremmo all’estinzione dei filosofi, che sono il cuore di una società attiva, pensante, che pone l’uomo al centro delle proprie domande. Non esisterebbero più i professori appassionati di lettere, di storia e di matematica… Se la Psicologia non permette di lavorare, lo dovrebbero permettere lauree come filosofia, e lettere? Certamente no.
Se non ci fosse qualcuno che se ne frega di quelle premesse, non esisterebbero più gli Psicologi che, con la loro passione e devozione, aiutano e guidano chi si è temporaneamente perso. Non esisterebbero più critici d’arte, archeologi e filologi. Il mondo che si prospetta è dunque quello avulso da avvocati, commercialisti, ingegneri, medici, impiegati amministrativi, impiegati commerciali e qualche dirigente. Poche professioni dunque, svolte da uomini e donne poco appassionati.
L’aspetto qualitativo, quindi, non è da considerarsi? Esso opera in due direzioni a mio avviso, verso l’esterno e verso l’interno. Verso l’esterno inteso come performance che l’individuo riesce ad apportare al mondo esterno con il proprio lavoro. Ma:
Se non ho reali motivazioni oltre al denaro nello svolgere una professione, se non sono mosso da ciò che sento essere la mia missione nel contesto sociale, come posso svolgerlo al meglio?
Quante volte ci si lamenta di professori incapaci di trasmettere la passione ai propri figli/fratelli a scuola? Quante volte è colpa del professore che “Non sa spiegare”? Quante volte abbiamo pronunciato frasi come “La materia la saprà anche, ma non sa insegnare. Bisogna avere passione altrimenti si rovinano le nuove generazioni”? O ancora “Dipende dai professori che hai avuto se la materia ti piace o meno”. Ecco quì banali frasi dette nel quotidiano che smentiscono gelidamente quanto affermato in quella frase abominevole.
La persona che si indigna per un professore che “non sa spiegare” o che “fa odiare una materia ai ragazzi” è spesso colei che convince il figlio a non seguire le proprie inclinazioni e passioni! Non lo trovate così assurdo? Se tutti scegliessimo una strada piuttosto che un’altra solo per i motivi che abbiamo prima elencato, questo sarebbe il risultato: una prestazione professionale destinata ad essere mediocre, nel migliore dei casi.
L’aspetto qualitativo opera anche in direzione interna, verso la propria persona. Condurre un’intera vita seguendo un percorso scritto in anticipo perché “è giusto così”, può e rischia di non essere appagante. Come è possibile che si formino grandi pensatori, grandi professionisti e grandi esperti nei vari settori anche negli ambiti senza alcun appeal economico e occupazionale? O come è possibile che si formino grandi professionisti anche negli ambiti più remunerativi, quando l’inclinazione è solo quantitativa? Si finirebbe (dove siamo già), in un mondo dove la qualità scarseggia sempre più, in cui si fa un lavoro senza alcuna passione dentro, in cui si è mossi solo da tristi logiche aziendali o economiche. Un mondo dove le proprie aspirazioni, se non coincidono con la “best practice”, sono ridicole. Dove viene innalzato chi vive apaticamente il lavoro, dove vince chi è mediocre e pensa meno. Dove resiste chi fa della normalità un vanto e cade chi vorrebbe una realizzazione a tutto tondo. Dove i sensibili sconfitti sono quelli che non riescono a tenere per molto quel vestito così diverso dalla propria individualità perché forse sono troppo idealisti. O semplicemente aspirano al meglio inteso qualitativamente.
Tutto quanto espresso qui rimane solo il modesto pensiero di una donna di 28 anni che cerca di dare una risposta pro-attiva alla propria crisi, intesa come momento di critica personale.
Mi piacerebbe concludere con un consiglio a chi così tanto svilisce gli altri :
è così raro vedere nelle persone la fiamma della passione, della curiosità, della tenacia e della speranza. Non uccidete i loro sogni e non uccidete i vostri sogni. Perché senza speranza non si costruisce nulla con passione. E senza passione non possiamo aspettarci altro che mediocrità e frustrazione.
Abbiate il coraggio di credervi
MaryLili