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Fenditure

Tua l’aria ripartita,

la ponderazione del fiato:

io, ancora a stringere

in un pugno il tempo;

E concessomi uno spazio

non ne sapevo gli angoli:

di muro cortine,

dai talloni l’inferno.

Tuoi i detriti sottopelle

indomiti a quattro ibernazioni:

forestiero della polvere,

io, incosciente delle ceneri.

Tue le ossa di cemento,

le parole nello stomaco.

Ovatti l’udito

e disegni un silenzio

mentre ti impregni

di assenza del Verbo.

Mio l’indice al petto,

il vuoto di un battito

a un comprendere intestino:

in questa mia ignoranza

si perpetuano le stragi,

nella mia bocca di colla,

nel mio procrastinare.

Invento un grano di polvere in gola,

ma anche il respiro è profanazione.

I sussurri che arresti nel ventre

soli, schiudono il significare.

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