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Interno stanza, in prestito da un ente non precisato, con all’interno un gruppo di sette persone che perché
siano lì non si sa bene.
Sette persone che per comodità chiameremo Uno, Due, Tre, Quattro, Cinque, Sei e Valentina.
Il sole non filtra dalle finestre perché fuori piove, c’è puzza di chiuso e umidità, ma Cinque soffre di cervicale, per cui non si può tenere aperta nemmeno la porta. Tre: “Benvenuti a tutti. Se siete d’accordo farei iniziare Quella Nuova, così si presenta, se se la sente”.

Fanno tutti un cenno con la testa, tranne Cinque ovviamente, che si tiene stretta la sciarpa al collo e sbatte
solo gli occhi, per dire di sì.
Tre: “Bene. Quella Nuova inizia pure. Se te la senti ovviamente”

 

Quella Nuova: “Ciao a tutti, mi chiamo Valentina e non ho visto Sanremo”.

 

Dopo qualche secondo di un silenzio impregnato di imbarazzo misto a sgomento, Quattro prova a parlare,
accenna ad un “ma come…” ma Valentina prende fiato e non gli lascia finire la frase. Si è fatta coraggio per
arrivare fino a lì, entrare nel centro prima e nella stanza poi, e avrebbe già voglia di fumarsi un’altra
sigaretta, è il caso che faccia tutto subito, prima di cambiare idea.

Valentina: “Lo so, lo so, ma a me Baglioni sta sulle palle e quindi non lo guardo da quando c’è lui. L’avrei
anche guardato perché c’era la Bertè e non mi stanco mai di guardarle quelle gambe e chiedermi come
cazzo è possibile che abbia quelle gambe lì, ma mi sono vista i video su YouTube, della Bertè. Per il resto ho
letto un po’ di link da Facebook, qualche giornale on line e ho questa sorta di frustrazione che non passa,
non mi da tregua, mi sembra che io debba far sapere a tutti cosa penso ma in realtà non mi sono nemmeno
ancora concessa di rispondere ai commenti sui link, cosa che di solito mi da un senso di pace. Quindi, dopo
svariate ricerche e una gigantesca iniezione di coraggio, ho deciso di venire qui a parlarne, perché tra pochi
giorni ho un esame all’università e non posso più permettermi di rimandare lo studio per pensare a
Sanremo”.

Da Uno a Sei sono attoniti, ma non parlano; si guardano l’un l’altro e poi fissano Quella Nuova, come fossero in attesa di qualcosa di straordinario, tipo che le spuntino delle antenne, o che all’improvviso ammetta di essere un’addetta alla qualità della Rai, o peggio! Una di Radio Italia che vuole assicurarsi che Enzo Miccio goda ancora di credibilità dopo aver giudicato gli outfit di chi ha pestato i pavimenti di Sanremo.
Valentina, dal canto suo, rimane in silenzio per ben poco tempo, li guarda e riesce solo a dire a se stessa
“respira e vai avanti, qui nessuno viene giudicato e tu sei nel giusto”.

E poi riprende: “Fatta la premessa, smetto di girarci intorno e vado dritta al punto. A me, la canzone che ha vinto, fa schifo. Però non sono razzista eh. Fa proprio cagare il pezzo in sé, sia musicalmente che come testo. Quello poteva pure essere americano, o svedese. Il pezzo faceva cagare lo stesso. Che poi sia il momento giusto per mettere in piedi una cosa del genere siamo d’accordo, nel 2016 che si aspettava la legge sulle Unioni Civili erano tutti con gli arcobaleni, ma siamo sicuri che sia proprio sempre il caso di mettere in scena qualcosa che richiami per forza il momento storico che stiamo vivendo? È importantissimo parlarne: il razzismo, l’odio razziale, l’intolleranza di genere e di razza, sono tutti argomenti importantissimi, e nemmeno mi metto ora a disquisire sul governo e i governanti che ci ritroviamo in questo momento, ma a Sanremo? Davvero? Cioè, io sono una fin troppo presuntuosa, lo so di credermi sempre al di sopra della media intellettuale italiana attuale, ma siamo così sicuri che Sanremo sia il posto giusto dove mettere in gioco il confronto? Perché parliamoci chiaro, l’italiano medio oggi guarda Sanremo solo per poter scrivere su Facebook robe tipo “i PDioti sono tutti in prima fila e li pagano con i nostri soldi! Perché in prima fila non ci mettiamo un bel gruppo di ragazzini down che possano godere dello spettacolo? Se hai un cuore, clicca mi piace e condividi, così gli facciamo sapere quanti siamo!”. Il più simpatico risponderebbe “perché poi vorrebbero cantare loro!”, il più acculturato direbbe “si dice ragazzi affetti da sindrome di Down o Trisomia 21”, il più stupido aggiungerebbe “non hanno cuore quelli del PD, a meno che non si tratti delle risorse, allora sarebbero tutti n***i in prima fila”, e infine il polemico saputello, che aprirebbe un lungo discorso sul fatto che i soldi della Rai non sono pubblici nel senso che non vengono dalle tasse, ecc… che avrebbe pure ragione eh, ma tanto nessuno se lo caga, perché non sanno che ha ragione e quindi nessuno gli risponderebbe. Quindi, tornando al punto, io vorrei che la televisione italiana, da Rai Uno a Canale Nove, non si occupasse più di politiche sociali, cultura generale e attualità, al di fuori dei programmi che lo prevedano per definizione. Non voglio sembrare di una Lobby, non lo sono (e sono abbastanza offesa di questo, tra l’altro), ma perché continuiamo a dare la possibilità a tutti di intervenire su questi argomenti quando è chiaro che davvero in molti non ci capiscono un cazzo? Voglio dire, saranno almeno 10 anni che cerchiamo di spiegare che i soldi per i “migranti” (termine che dovrebbe per altro cadere in disuso) non vengono da fondi italiani accumulati dalle tasse detratte dalle nostre buste paga, ma da fondi europei V-I-N-C-O-L-A-T-I per quello scopo lì. Ma no, non lo capiscono.

A cosa serve ripeterlo ancora? Che poi pare brutto fare un discorso di “noi” e “loro”, perché sembra si voglia dividere la popolazione in “capaci” e “incapaci” -di comprendere, di pensare, di agire, scegliete voi. No, assolutamente. Io voglio fare un discorso molto più elitario: si tratta di persone e merde.

Le persone sono quelle che non condividono le fake news perché “potrebbe essere vero”, che si apprestano ad informarsi di qualsiasi argomento prima di esporre un’opinione, che credono nell’uguaglianza, nella libertà, nell’essere umano in quanto tale e non in quanto appartenente ad una zona specifica del globo.
Le merde invece sono quelle che commentano tutto a cazzo, che pensano che Sanremo sia un luogo di
confronto sociale e che condividono le fake news sostenendo che siccome potrebbero essere vere meglio
mettere le mani avanti. Tipo “domani potrei avere un incidente, preparo il cid”. Le merde poi hanno questa
peculiarità: commentano proprio tutto, e riportano qualsiasi argomento a quelli di loro interesse. Ad esempio, voi leggete un articolo che parla della fioritura dei ciliegi rosa in Giappone? Ecco, probabilmente la merda vi direbbe che una volta non erano rosa, gliel’ha detto un cugino che è andato in Giappone negli anni ‘70, quando i neri ancora non salivano sui gommoni, e le scie chimiche non c’erano e infatti i fiori erano blu. Poi i giapponesi hanno iniziato a fare le gite a Milano, quindi hanno favorito da una parte l’aumento dell’inquinamento qui in Italia, dall’altro un aumento del benessere portato dal turismo sempre più invadente, e quindi l’aria di Giappone è cambiata perché poi gli piaceva stare qui e si fermavano, così i neri hanno iniziato a venire anche loro, e i fiori in Giappone sono diventati rosa. Capito? Poi lo so, non si può togliergli Facebook, ma togliamogli almeno gli argomenti! Se a Sanremo avesse vinto Ultimo, che faceva cagare anche il suo di pezzo, almeno era italiano e a noi non toccava leggere certe nefandezze razziste o sproloqui sulla sinistra che decide tutto in Italia. Sarebbe solo stata l’ennesima brutta canzone che vinceva Sanremo, fatto con i nostri soldi, ma questo argomento ormai è vecchio. Perché diciamocelo: il problema non sono le merde ma le persone, siamo noi, sì! Che ci impuntiamo a spiegargli le cose pensando che con argomentazioni logiche potremmo far cambiare idea almeno a qualcuno, e invece no, ci illudiamo e ogni volta ne usciamo delusi e distrutti. Guardate me, che son dovuta venire qui a parlarne perché non riuscivo a preparare l’esame. Ho anche un lavoro poi, e già il tempo per studiare è poco, se poi quel poco che ho devo  passarlo emotivamente provata da Sanremo, che manco ho visto! Come si fa? Grazie di avermi ascoltata, adesso mi sento meglio”.
Valentina si risiede, fissa i suoi nuovi compagni, che la fissano a loro volta, e si sente soddisfatta perché se
nessuno l’ha mai interrotta, e nessuno adesso la contraddice, ha finalmente trovato delle persone che non
solo la pensano come lei, ma non ritengono nemmeno necessario aggiungere altro, ha proprio detto tutto lei.
Uno, di solito burbero e di poche parole, alza la mano e Tre gli da la parola con un cenno.

Uno: “ Ciao, sono Uno eh… va beh, lasciamo stare perché sono qui, piuttosto volevo chiederti, Valentina,
dopo questa tua attenta analisi, pensi che adesso che hai detto la tua opinione su tutto questo, il mondo sia
diverso?”

Valentina è spiazzata, non sa cosa rispondere, vorrebbe maledettamente quella sigaretta e improvvisamente si accorge che si sta facendo tardi, le scappa l’occhio sull’orologio e si rende conto che ha parlato per troppo tempo e deve andare. Cerca un modo per uscirne il più in fretta possibile ma non lo trova, balbetta e si sente fuori luogo tutto d’un tratto. Si incazza anche un po’, ma è consapevole che parole rabbiose non le farebbero guadagnare tempo. Si tortura una pellicina e cerca di non fare caso al fatto che tutti la fissano, ma non più sgomenti o ammirati, piuttosto con sarcasmo, quasi cinismo, come se pensassero: “adesso cosa rispondi, saputella fastidiosa?”.
Il tempo di tergiversare è finito, deve venirne fuori e deve farlo splendidamente.

Valentina: “No, purtroppo no, perché ho espresso la mia opinione solo a sei persone e so che non bastano a
cambiare il mondo. Ma tutte le più grandi rivoluzioni sono iniziate unendo il pensiero e le azioni di pochi no?”

Uno risponde, caustico: “Questo non te lo so dire, posso dirti con certezza però che i miei 5 anni da sobrio
oggi sono stati messi a dura prova da tutte le puttanate che hai detto, quando Due ieri ci è ricascato e aveva bisogno di parlarne con noi, il gruppo degli Alcolisti Anonimi”.

Quella Nuova è diventata rossa e improvvisamente capisce. A.A. forse non sta per “Anti Analfabeti
funzionali”, aveva talmente la necessità di esprimersi e buttare fuori il suo pensiero, che ha letto e
interiorizzato quello che voleva lei. Il problema ora è come chiedere scusa e mantenere un minimo di
credibilità? Trovato!

Valentina: “Mi dispiace, forse avrei dovuto precisarlo subito, mi sono fatta prendere dal momento e non ho
specificato che sono qui per prevenzione. Tutta questa faccenda di Sanremo, l’esame, il lavoro, la mia vita
privata. Insomma, ho pensato che potrei arrivare ad affogare le mie ansie nell’alcol, allora sono venuta qui”.

Preventivamente, perché sarebbe potuto essere vero. Un po’ come le fake news, insomma.
Valentina si alza, si scusa con tutti ma deve scappare, ha un impegno e non può proprio fare tardi.
Esce di corsa e sale in macchina, apre l’applicazione di Facebook e scrive un post:
“Mi autodenuncio. Non ho guardato Sanremo perché mi sta sulle palle Baglioni. Ho aspettato che le
polemiche si placassero per scriverlo, così non mi si può dare né della razzista perché la canzone che ha
vinto mi fa schifo, né della sinistroide PDiota perché penso che le polemiche fossero tutte rivolte al colore
della pelle del vincitore”.

Un commento, quasi immediato, da un’amica:
“Ma anche se non lo dicevi, non cambia un cazzo a nessuno”.

Fine.

 

Vali

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