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Beppino Englaro lo sapeva…

Ricorre oggi il 12° anniversario della morte di Eluana Englaro.

Era il 9 febbraio 2009 quando il padre Beppino Englaro, dopo una battaglia giudiziaria durata anni, riuscì a far valere per sua figlia un diritto che dovrebbe essere garantito dalla Costituzione italiana.

Recita infatti l’articolo 32: “Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge”.

Eluana, in stato vegetativo da 17 anni (praticamente la metà della sua giovane vita), veniva nutrita artificialmente e, secondo alcuni, l’alimentazione artificiale non era da considerarsi un vero e proprio trattamento sanitario. Ricordo, tra le tante, una frase dell’allora presidente del Consiglio Silvio Berlusconi secondo il quale la ragazza era viva a tutti gli effetti poiché avrebbe potuto rimanere incinta, se fecondata. Una considerazione che riscosse un grande successo presso tutti quei “pro-vita” che allora si sentirono in dovere di dire la loro per difendere la c.d. “vita naturale” a tutti i costi. Come se uno stato del genere – la morte cerebrale – potesse davvero considerarsi vita… Come se trovarsi in quella condizione fosse naturale…

Seguii la vicenda con grande interesse e con una certa partecipazione emotiva. Anche io in quel periodo dovevo confrontarmi quotidianamente con un familiare, mio padre, in stato vegetativo da 2 anni. Con la rabbia di una ventenne, mi chiedevo cosa potesse passare per il cervello di queste persone. Come si può arrivare a pronunciare pubblicamente certe idiozie senza vergogna? Forse qualcuno di questi strenui difensori della vita a tutti i costi si era preso la briga di fare un giro in una delle strutture che ospitano (quando succede) i pazienti ridotti a vegetali?

Quando il 9 febbraio 2009 Eluana, finalmente, riuscì a morire, piansi dalla commozione. Ce l’aveva fatta! Ci erano voluti 17 anni… Tanti per chiunque. Un’eternità in quella condizione. Ero seduta nel cortile della Facoltà di Scienze Politiche a Milano, dove studiavo e dove, in quei giorni, seguivo il corso di Filosofia politica tenuto dal Prof. Roberto Escobar. In una delle sue lezioni si era occupato proprio di questo: del significato della vita che si compie con la morte. Per farlo aveva preso in prestito le parole di Pier Paolo Pasolini che paragona la vita a un infinito piano-sequenza: al pari di un film acquista un senso soltanto alla fine. La morte compie un fulmineo montaggio della nostra vita” scrive.

Proprio così. Se neghiamo a una persona il diritto di morire, le neghiamo quel passaggio necessario per dare un senso alla sua intera esistenza.

Beppino Englaro lo sapeva bene e, con la sua battaglia, ha espresso tutto l’amore di un padre verso una figlia.

Oggi, a 12 anni di distanza, ci tengo a ricordare quella lezione. Perché, a quanto pare, la lotta per i diritti civili non è ancora conclusa.

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