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Senza sapere di non sapere

Primo fatto: dal 4 maggio si allentano le misure di sicurezza messe in atto a tutela della popolazione italiana per l’emergenza da COVID-19.

Secondo fatto: non tutta la popolazione italiana merita di essere tutelata dal Governo italiano.

Terzo fatto: è la terza volta che provo a riscrivere questo pezzo senza cadere nella trappola del giudizio di categoria (complottisti, no-vax, tuttologi). Non mi rendete facile il compito, quindi mi sono arresa all’evidenza per cui è impossibile non giudicarvi.

Partiamo dal principio: domenica 26 aprile il Premier Conte comunica le linee generali della cosiddetta “fase 2”, primo piccolo passo di ritorno alla vita. Primo perché è sostanzialmente un tentativo, un modo per metterci alla prova. Piccolo perché il “tana libera tutti” vorrebbe dire tornare al lockdown totale in pochissimi giorni. In ogni caso, nessuno c’ha capito sega di cosa si potrà fare, quindi sono stati prontamente redatti articoli di approfondimento a specificare cosa potremo fare.

L’unica cosa che ho capito sicura è che potrò andare da mia mamma, mio papà, almeno una delle mie sorelle e mio nipote. Quando Conte me l’ha detto sono finita con le lacrime agli occhi all’idea di poterli almeno rivedere, anche se non potrò abbracciarli. Ma in fondo in famiglia non siamo molto espansivi, abbracciarci non sarà una priorità. Siamo più gente da sguardi e prese in giro, quindi andrò lì e prenderò un sacco in giro mio papà per i capelli lunghissimi e mia sorella per qualsiasi cosa mi venga in mente di dirle al posto di “mi sei mancata tantissimo”. E poi mia mamma e mio nipote, i miei due pezzi di cuore. Mia mamma, da quando siamo in quarantena, ha preso a telefonarmi quasi tutti i giorni, cosa che prima non accadeva se non perché avevamo bisogno l’una dell’altra, se no sovente ci dimenticavamo di chiamarci. Mio nipote che insiste che non gli manco ma lo so che non è vero; basta che non gli si dica che deve uscire di casa, poi penso sarà felice di vedermi.

E poi c’è quell’altro pezzo di cuore, una parte di me che non so nemmeno spiegare che male faccia non poterla vedere la mia sorellina, che vive in Lombardia, perché lei mica lo sapeva che un giorno una pandemia ci avrebbe impedito di vederci per mesi. Lei non potrò vederla, dovrò continuare a sentirla, dalla mattina alla sera, ogni giorno, per dirci anche le cose più sciocche pur di non spezzare nemmeno per un secondo quel filo che ci lega e che adesso tira come un matto, come i punti di una ferita quando ormai è asciutta ma non chiusa, e fa male. Cazzo, se fa male.

Ancora invece non ho capito se potrò vedere i miei amici. La mia amica incinta, che dovrebbe partorire a breve e non so se potrò vedere il mio nipotino, o sua sorella che chissà che pazza di gioia sarà e forse dovrò accontentarmi dell’ennesima videochiamata. La mia amica estetista, che a parte mancarmi per lo stato dei miei peli, mi manca perché con lei condivido l’amore per il suo bambino che non lo sa che la zia Lalla muore dalla voglia di abbracciarlo. E poi dobbiamo preparare gli ultimi tre esami, possiamo studiare insieme o no? E la mia amica-testimone di nozze? Lei già è una che non ti dice mai se le manchi, se ha bisogno, se ti vuole bene. Non vederla vuol dire non sapere praticamente più niente di lei!

Ecco. Sono a metà tra l’incerto, il trepidante e il triste.

Sapete però di cosa mi sono accorta? Di non essere arrabbiata.

Non ho provato rabbia, nemmeno di fronte all’incertezza, dopo la conferenza stampa del Premier. E ve lo giuro, non sono nel gruppo Le Bimbe di Conte né per lui ho una gran passione. Solo non ho provato rabbia, non ho pensato che sta sbagliando tutto, non mi sono messa a costruire pensieri articolati su cosa avrebbe dovuto o potuto fare. Questo per una semplice ragione: io non saprei nemmeno da che parte iniziare.

Tra le mie amiche ho un’estetista, una parrucchiera e una proprietaria di un bar-tabacchi.

Non faccio che crucciarmi per loro, capire se è necessario che io mi schieri, facendo parte del coro che chiede di riaprire tutto, pur consapevole che riaprendo tutto si incorrerebbe nel rischio di tornare in breve tempo a un lockdown totale, e mi chiedo “non sarebbe peggio?”.

“So di non sapere” ci ha lasciato in eredità Socrate.

 

  • Non posso sapere se sia peggio rischiare un lockdown o che loro debbano aspettare a riaprire, perché non sono un tecnico-scientifico in grado di prevedere l’andamento della curva di contagio.

  • Non posso sapere se ci siano i fondi per integrare la chiusura delle attività con aiuti economici a chi è a casa senza garanzie, perché non sono un economista.

  • Non posso sapere se si possa prevedere un taglio dell’IVA o agevolazioni sulle tasse, per quando riapriranno, perché non sono un legislatore.

  • Non posso sapere nemmeno se le messe siano da farsi o no, io a messa non ci vado ma penso che pregare abbia lo stesso valore se fatto in Chiesa la domenica mattina o nel letto la sera. Ma non sono una persona di Chiesa, quindi non lo so.

 

“So di non sapere” credo significhi proprio questo: siccome non so, mi faccio i cazzi miei e cerco di sapere quello che non so, e se quello che apprendo non aiuta a risolvere la situazione, mi concentro su cosa posso fare per fare la mia parte.

Stamattina, ad esempio, dovevo fare la scorta di tabacco, quindi sono arrivata fino al bar della mia amica, che essendo anche tabacchi ha potuto riaprire quella parte, e ho comprato da lei, così da fare la mia parte per aiutarla. Magari è poco, ma è quello che potevo fare.

Per la parrucchiera e l’estetista, ho peli e capelli a sufficienza da mantenerle per un mese non appena riapriranno, e per questo non devo nemmeno darmi da fare, vien tutto da sé.

Tutto questo per dire: sapete di non sapere? Sapete che tutto quello che proponete non è per forza possibile solo perché lo avete pensato?

Se esiste un gruppo di persone che sono state scelte, si spera, per preparazione, competenze e capacità, possiamo pensare che stiano agendo per il meglio? Possiamo per una volta provare a sentirci fiduciosi?

Con questo non voglio dire che siano tutti bravi e voi solo gli scemi eh. Ma se il giorno prima mi condividete “mi offro volontario a fare da cavia senza vaccino per il Coronavirus, vediamo quanti siamo” e il giorno dopo strilli di riaprire tutto, scusami, ma io mi fido di quelli che hanno studiato.

Se ancora siamo fermi a “ne muoiono di più per l’influenza classica, son del campo, io lo so” ma poi non capisci la differenza tra paragone di trimestre e di stagione, scusa, hai sbagliato campo, credo. Quelli intorno stan giocando a tennis e te a pallacanestro, così a stima.

Se una mattina mi alzo e hai condiviso l’ennesimo articolo fake, te lo sbugiardo e mi dici che quelli che sbugiardano le fake news sono dei venduti allo Stato, sarò legittimata a fidarmi di Conte e non di te?

 

Anche perché, gente, siamo passati dal #andràtuttobene al che non vi va bene un cazzo. Tutti fratelli sui balconi a cantare l’Inno d’Italia, mo’ al vicino battete la scopa sul muro se alza il volume. #iorestoacasa finché era ancora freddino, adesso la primavera chiama e a casa pare sia io l’unica che ci sta bene?

 

E sia chiaro, non ce l’ho con chi ha un’attività e vorrebbe riprendere a lavorare. Se le mie tre amiche citate prima mi facessero quel pippone lì che fate tutti, io le ascolterei, che sicuramente delle cose me le sanno spiegare, e magari poi posso dire “ah, cavoli, vedi?” e sapendo di non sapere, adesso so mezza cosa in più. Ma una delle tre mi ha detto: “a me non conviene far entrare un cliente per volta, sarebbe più la spesa di utenze che il guadagno, ma lo Stato dovrebbe tutelare di più la mia attività con incentivi o sconti”. Questo ha senso, solo che io NON SO se si possa fare, e quindi non giudico.

Poi sono certa che ci sia chi lo sa, e quindi dica la sua, ma tutti? Compresi quelli che si propongono come cavie per vivere senza vaccino? O che sono del campo, ma sbagliano il gioco? Non so, mi verrebbe da rispondermi di no.

Quindi, ricapitolando: questo non è un pezzo a sostegno del Governo (nessuno mi paga per scriverlo e anzi, chi lo deve editare magari pensa pure brutte cose di me che divento così prolifica in un momento così di merda); questo pezzo ha provato a non uscire come l’ennesimo accanimento contro l’ignoranza brutta che rompe solo le palle, ma forse forse non ce l’ha fatta; questo pezzo voleva essere il millemillesimo consiglio non richiesto per imparare a stare al mondo, soprattutto durante una pandemia mondiale, da cui possiamo uscire, questo lo so, ma solo se ognuno fa la sua parte.

E no, la vostra non è scrivere puttanate sui social. La parte di ciascuno di noi è rispettare quelle quattro regole di merda che ci hanno dato, chi può aiuti quelli in difficoltà, donne non fatevi la ceretta casalinga e non usate le lamette, e non fate le tinte a casa, così parrucchiere ed estetiste avranno un sacco di lavoro appena riapriranno. Alcolisti di tutto il mondo unitevi, un giorno torneremo a farci sbattere fuori dai bar mentre staremo stonando l’ennesimo pezzo trash della musica italiana e i baristi si rifaranno in fretta dei mesi di chiusura.

Però una cosa voglio proporla: provate per una volta, una sola, questa nello specifico, a pensare che non sapete tutto quello che c’è da sapere per affrontare una cosa del genere. Non chiamate dittatura un Governo che prende delle decisioni, perché pieni poteri, negli ultimi anni, solo uno li ha chiesti, e mentre io scrivo è a occupare il Senato, che giusto per protesta ci è entrato, ma tecnicamente non credo si possa dire stia lavorando.

La dittatura noi che siamo qui oggi non sappiamo nemmeno lontanamente cosa sia, per nostra fortuna, e se un giorno lo scopriremo, inizio a pensare che ce la siamo un po’ meritata. Voi perché da soli non sapete nemmeno come allacciarvi le scarpe; io, e quelli come me, perché non sono stata capace di restare indifferente a tutte le vostre stronzate e ogni giorno ci sbatto la faccia, che mi piaccia o no.

“Io so di non sapere”. Socrate c’aveva visto lungo. E pensare che invece siamo qui oggi senza sapere di non sapere.

 

Vali

1 thought on “Senza sapere di non sapere

  1. Tamara ha detto:

    Bello Vale,ben scritto!condivido certi sentimenti..

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