È qualche anno che lavoro a contatto con le persone. Mi piace, credo di esserci portata, e mi diverte anche. La ragione è che ogni persona con cui ho a che fare di solito mi stupisce.
Tra queste c’è un signore di mezza età, che ho incontrato nel museo in cui lavoro.
Vi racconto per prima cosa l’ordine mie reazioni: gentilezza, cortesia, sorriso di circostanza, Arianna stai lavorando, incredulità, sgomento, chissenefrega. Cosa può aver provocato simili sensazioni?
“Signorina, si vede che lei è molto preparata. Ma anche molto dolce. Sa che io potrei raccomandarla dove vuole? Le do un consiglio, prenda la tessera di un partito… lì sta la gente che conta, e insomma, per una come lei sarebbe facile farsi strada.
Ah, la gente che conta! Per fortuna si prenderanno provvedimenti contro quel tizio che ha violentato la signora sessantenne in spiaggia. Ma come si fa? Almeno si fosse trovato davanti una come lei…. gli avrei almeno riconosciuto il buongusto. Scusi, guardi, la rimorchierei, ma sta scendendo mia moglie.”
In realtà, questo individuo ha generato in me anche un’ultima cosa: la riflessione.
Ogni volta che ho a che fare con qualche creatura simile, un elemento vile, egoista, egocentrico, supponente, che non crede nella meritocrazia e non considera le donne come esseri umani dotati di corpo anima e cervello, sono sempre più convinta che la risposta sia comunque la gentilezza.
È una cosa così rara da trovare che lascia veramente stupiti. Siamo arrivati al punto che se un estraneo fa un atto gentile, innanzitutto cattura la nostra attenzione perché non siamo abituati, e poi pensiamo che sia una fregatura o che abbia un doppio fine. Siamo al punto che la maleducazione e l’arroganza sono ormai cosi normali che ci lasciano indifferenti. E infatti, alla fine sono stata indifferente anche io. Quasi non mi aspettavo nulla di più che questo.
Ma per fortuna, ho un altro termine di paragone per apprezzare ancora di più gli atti di gentilezza.